L’FBI e il Dipartimento della Giustizia americano stanno mettendo in campo il massimo delle energie per contrastare il fenomeno della pirateria digitale. Le ultime mosse sono state la chiusura di Megaupload e di Megavideo e l’arresto di Kim Schmitz, fondatore del sito e di altre tre persone.
Megaupload è il principale contenitore di film, musica, ebook e programmi, diffusi il più delle volte senza la necessaria autorizzazione. L’accusa rivolta ai gestori di Megaupload è l’aver sottratto oltre 500 milioni di dollari ai proprietari del diritto d’autore.
Tutte queste vicende sono accadute ad un giorno di distanza dalla protesta contro il Sopa.
Gli hacker hanno risposto su Twitter con quella che definiscono operazione #OpMegaUpload. L’attacco di alcuni membri probbabilmente ad Anonymous ha impedito agli utenti di accedere a numerosi siti internet, tra cui quello del dipartimento di Giustizia statunitense, per ovvi motivi, quello della casa discografica Universal, della Recording Industry Association of America (Riaa) e della Motion Picture Association of America (Mpaa).
Ritornando al discorso su Megaupload, poche ore prima della chiusura, Megaupload lanciava sul suo sito un comunicato ufficiale in cui etichettava con il termine “ridicole” le accuse di violazione sul diritto d’autore.
Invece, secondo il Dipartimento di Giustizia, Megaupload ha riprodotto e distribuito illegalmente copie illegali di materiale protetto dal diritto d’autore.
Gli indagasti rischiano 50 anni di carcere per l’accusa di associazione a delinquere, estorsione, riciclaggio e violazione del copyright.
Intanto sui social network, Facebook in primis, sono stati creati gruppi a sostegno di Megaupload.
Megaupload è il principale contenitore di film, musica, ebook e programmi, diffusi il più delle volte senza la necessaria autorizzazione. L’accusa rivolta ai gestori di Megaupload è l’aver sottratto oltre 500 milioni di dollari ai proprietari del diritto d’autore.
Tutte queste vicende sono accadute ad un giorno di distanza dalla protesta contro il Sopa.
Gli hacker hanno risposto su Twitter con quella che definiscono operazione #OpMegaUpload. L’attacco di alcuni membri probbabilmente ad Anonymous ha impedito agli utenti di accedere a numerosi siti internet, tra cui quello del dipartimento di Giustizia statunitense, per ovvi motivi, quello della casa discografica Universal, della Recording Industry Association of America (Riaa) e della Motion Picture Association of America (Mpaa).
Ritornando al discorso su Megaupload, poche ore prima della chiusura, Megaupload lanciava sul suo sito un comunicato ufficiale in cui etichettava con il termine “ridicole” le accuse di violazione sul diritto d’autore.
Invece, secondo il Dipartimento di Giustizia, Megaupload ha riprodotto e distribuito illegalmente copie illegali di materiale protetto dal diritto d’autore.
Gli indagasti rischiano 50 anni di carcere per l’accusa di associazione a delinquere, estorsione, riciclaggio e violazione del copyright.
Intanto sui social network, Facebook in primis, sono stati creati gruppi a sostegno di Megaupload.
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